Uno strumento utile per professionisti della salute in ambito nutrizionale sono le linee guida per una sana e corretta alimentazione, ossia una serie di indicazioni e buone pratiche da seguire in ambito alimentare che sulla basi di studi scientifici hanno dimostrato avere un effetto protettivo sulla salute delle persone.
Sicuramente ne avrete sentito parlare perché molti professionisti della nutrizione attivi sui social network vi fanno spesso riferimento, indicando quindi regole da seguire, frequenze alimentari, insomma quanto spesso posso o dovrei mangiare alcune categorie alimentari e in quale porzione rispetto al mio fabbisogno.
Questi strumenti, come dicevo, sono stati elaborati per supportare il lavoro dei professionisti della nutrizione e sono sicuramente un ottimo punto di partenza per comprendere i principi, ma usati male possono rappresentare anche un’arma a doppio taglio.
Provate ad immaginare una chirurga che su Instagram fa una diretta su come usare l’ago da sutura, oppure una psicologa che spiega i precisi criteri diagnostici per identificare un disturbo.
Può certamente affascinare scoprire le tecniche, le strategie e le conoscenze di un lavoro sanitario che non ci appartiene, ma non ci aiuterà a guarire, né ad auto medicarci, perché per mettere in atto le competenze in modo efficace è necessario uno spettro di conoscenze attigue e complementari per conoscere le variabili, le eccezioni, le conseguenze di un effetto non desiderato e tanti altri aspetti che non possiamo nemmeno immaginare.
Perché quindi una dietista che vi racconta per filo e per segno le frequenze e le porzioni consigliate dalle linee guida dovrebbe essere percepita diversamente?
Questo significa che non si dovrebbe fare divulgazione scientifica?
No, ma che differenza c’è tra il “rivelare” che acqua e limone al mattino non ha alcun beneficio e spiegare che “possiamo” mangiare dolci “massimo” due volte alla settimana?
In un caso stiamo sfatando miti fantascientifici solo dannosi, dall’ altro stiamo banalizzando e generalizzando una regola, banalizzazione e generalizzazione che possono avere, in poche o tante persone, effetti negativi.
Attenzione: non dico tutto questo perché desidero custodire gelosamente delle informazioni che, per altro, sono open source (quindi accessibili a tutti). Lo dico perché la questione è molto più complessa di come può apparire, soprattutto nell’ ambito della comunicazione via social, che per sua natura è più veloce.
Credo, insomma, che specifiche “tecniche” che impattano sulla salute psicofisica e coinvolgono altre infinite variabili debbano essere maneggiate con cura.
Se una “regola”, indicazione, linea guida, consiglio, può avere anche un minimo risvolto negativo per qualcuno, non dovrebbe essere diffusa con così tanta semplicità. O, in alternativa, come in un bugiardino, andrebbero indicate tutte le possibili variabili, controindicazioni e sfumature.
La divulgazione si fa complessa e poco instagrammabile?
Ecco che dobbiamo mettere sul piano della bilancia il personal branding e la salute e il rispetto delle persone.
Non sto dicendo che tutti i professionisti della salute che fanno questo tipo di divulgazione siano interessati solo all’autopromozione, anzi, dovete sapere che chi frequenta un corso di laurea in ambito sanitario può subire la cosiddetta sindrome di Candy Candy, ovvero la tentazione di aiutare anche chi non vuole, chi non ne ha bisogno e perfino chi con quell’aiuto potrebbe peggiorare la situazione. Il tutto, unito ad un pizzico di senso di onnipotenza, può portare alla creazione di un “supereroe” disfunzionale… e lo so perché ero così.
Ma torniamo alle linee guida, perchè vanno maneggiate con cura?
Perché non sono valide per tutti: ci sono bisogni diversi, in diverse fasi della vita. Non mi riferisco solo alla necessità di adeguare il fabbisogno all’ età e al dispendio energetico, ma a circostanze che influenzano il nostro comportamento alimentare e le nostre scelte molto più delle nostre conoscenze.
Penso a persone che lavorano a contatto con il cibo, persone che lavorano da casa (e in questa pandemia 2020 in tanti hanno sperimentato questa situazione), persone che vivono con chi ama sperimentare nuove ricette quotidianamente, persone che vivono con disturbi o problemi psicologici, persone con gusti ben definiti o portafogli diversi, persone che vivono in campagna o in città, piccole o grandi, sopra ad una pizzeria o molto lontano da un supermercato, persone che vivono da sole e persone che vivono in 4 sotto lo stesso tetto…
Se pensate che tutte queste variabili non facciano la differenza, e che tutti possano “rispettare” le linee guida, allora credete ancora che le conoscenze e la forza di volontà possano in qualche modo operare sulle nostre scelte alimentari. Non è così e consiglio lo speech di Traci Mann per approfondire.
Quindi le conoscenze non cambiano il comportamento?
Quando ero una giovane studentessa avevo l’obiettivo di dimostrare nella mia tesi di laurea che l’educazione alimentare avrebbe salvato il mondo. Mai avrei pensato di trovare solo studi che confutassero la mia idea.
Decisi così di cambiare il titolo della mia tesi, L’educazione alimentare per prevenire i disturbi alimentari dopo ciò che avevo letto, mi pareva un titolo davvero contraddittorio, ma quando corsi dalla mia relatrice con la coda tra le gambe dovetti accettare che non era particolarmente interessata alle mie scoperte. Dovetti mantenere il titolo e aggiunsi solo che non era efficace: la commissione non era pronta a scoprire che una delle principali mansioni delle dietiste era inutile come la si stava svolgendo… e forse non lo siamo nemmeno ora…
L’educazione alimentare non gioca un ruolo determinante nelle nostre scelte quotidiane perché ciò che facciamo e scegliamo è il risultato di infinite dinamiche emotive, sociali, economiche, culturali, famigliari etc..
Immaginiamo, ogni volta che prepariamo un pasto, una serie di piccole vocine che nella nostra testa discutono, come in un meeting, per portarci ad una scelta: una pasta al sugo, una nuova ricetta, una bistecca alla piastra, una scatoletta di tonno, un just-eat, o magari nulla, anche se abbiamo fame. Tra queste vocine, ce n’è anche una che rappresenta le linee guida. Ecco, è una fra tante. Non basiamo quindi le nostre scelte solo sulle nostre conoscenze, ma queste partecipano alle scelte, e il grado di partecipazione dipende da troppi fattori alcuni dei quali incontrollabili.
Perché queste conoscenze possono essere svantaggiose?
Perché spesso vanno a braccetto con la “cultura della dieta”, ossia quella vocina che cresce in noi vivendo in una società che fa del peso la misura del nostro valore e del grasso una discriminazione, che ci dice che dobbiamo perdere peso e stare in salute e che ciò è possibile solo seguendo un’alimentazione “bilanciata” e “sana”.
Purtroppo è proprio questo focus esagerato sul peso, sul controllo e sulla salute che ci impediscono di vivere il cibo (e la nostra immagine corporea) in modo naturale e spontaneo, ossia facendo spazio a quelle vocine che rappresentano dei bisogni legittimi e degni di esprimersi, al contrario delle aspettative esterne e falsate imposte dalla cultura della diete e dalla grassofobia.
Se riusciamo a scardinare queste sovrastrutture disfunzionali con conoscenze sociali e senso critico, cresce in noi la sana dissonanza cognitiva che ci porta inevitabilmente a prendere le distanze da tutte le prescrizioni disfunzionali per avvicinarci passo passo verso un’alimentazione spontanea.
Il livello di pericolo maggiore si ha purtroppo quando persone che soffrono di un disturbo alimentare o che hanno un pattern di comportamento alimentare disfunzionale, perché in quel caso le linee guida vengono percepite come delle regole ossessive e compulsive proprio per la dinamica specifica della psicopatologia, diventano delle gabbie dorate dalle quali è ancora più difficile uscire, perché qualunque nutrizionista sosterrebbe quel tipo di alimentazione così “sana” e “bilanciata”…
E invece ricordiamoci sempre i principi fondamentali per capire se stiamo mangiando in modo adeguato:
- Mi soddisfa quello che sto mangiando?
- Ho scelto questo pasto liberamente?
- STOP