Una delle domande più comuni quando si parla di peso corporeo è: “Perché non riesco a dimagrire?”. La risposta è più complessa di quanto ci abbiano fatto credere. Il nostro corpo non è progettato per perdere peso, ma per mantenere un equilibrio naturale che può includere anche un peso elevato, perfettamente in linea con la nostra biologia. Questo vale anche se in passato pesavamo meno.
“Dovrei mangiare meno, ma non riesco”
Questa convinzione è il risultato della cultura della dieta, che ci spinge a credere che mangiare meno sia sempre la soluzione. In realtà, tutti dovremmo mangiare quanto ci serve. Restringere l’alimentazione può avere conseguenze negative importanti:
- compromettere la relazione con il cibo,
- alterare l’equilibrio metabolico,
- peggiorare l’immagine corporea,
- esaurire non solo le energie per sforzarci di mangiare meno, ma soprattutto quelle necessarie per prenderci davvero cura di noi stessi.
Quando ci sottoponiamo a restrizioni, il nostro corpo attiva meccanismi di difesa per garantire la sopravvivenza. Questo può tradursi in un aumento della fame, una maggiore attrazione per cibi ad alta densità energetica e una riduzione del metabolismo. È il modo naturale con cui il nostro organismo protegge se stesso.
“Vivo spesso momenti in cui perdo il controllo con il cibo”
La dieta e la grassofobia attribuiscono alla restrizione calorica un valore morale, creando un sistema che ci allontana dai nostri reali bisogni corporei. La sensazione di “perdere il controllo” è in realtà il risultato di un meccanismo di compensazione: più ci imponiamo regole rigide sul cibo, più il nostro corpo cerca di rimediare alle privazioni.
Ma il controllo non dovrebbe essere l’obiettivo quando si parla di nutrizione: l’obiettivo dovrebbe essere la fiducia nel proprio corpo e la capacità di ascoltare i propri bisogni. La fame è un segnale naturale, non un nemico da combattere.
Inoltre, l’idea di “perdere il controllo” con il cibo è spesso associata a sensi di colpa e vergogna. Questo genera un circolo vizioso in cui ci si punisce con ulteriori restrizioni, innescando nuove abbuffate. È importante rompere questo ciclo e iniziare a vedere il cibo come uno strumento di cura, non di controllo.
“Forse è per questo che non dimagrisco”
Le abbuffate possono portare a una sensazione di pienezza spiacevole o persino invalidante, ed è facile pensare che siano la causa dell’aumento di peso. Tuttavia, spesso i momenti di restrizione sono più frequenti di quanto si immagini e il peso naturale potrebbe comunque essere superiore a quello attuale, anche in presenza di abbuffate.
Se le abbuffate sono ricorrenti, potrebbero aver influenzato il peso, ma è importante ricordare che sono la conseguenza della restrizione, non la causa del problema. Questo significa che la restrizione non può essere la soluzione.
Inoltre, il nostro corpo ha una sua regolazione interna, chiamata set point, ovvero un intervallo di peso naturale che tende a mantenere. Ogni volta che proviamo a scendere al di sotto di questo intervallo con diete restrittive, il corpo reagisce attivando una serie di risposte per riportarci al nostro peso fisiologico.
Una nuova prospettiva sulla cura di sé
Invece di concentrarsi sulla perdita di peso, può essere più utile spostare l’attenzione sul miglioramento della relazione con il cibo e con il proprio corpo. Il benessere non si misura in chili persi, ma nella qualità della vita che possiamo costruire quando ci diamo il permesso di prenderci cura di noi senza rigidità e senza sensi di colpa.
Per migliorare il proprio rapporto con il cibo e il corpo, si può puntare a piccoli passi, come:
- Ascoltare i segnali di fame e sazietà senza giudizio.
- Smettere di etichettare i cibi come “buoni” o “cattivi”.
- Cercare di soddisfare i propri bisogni alimentari in modo regolare e senza restrizioni drastiche.
- Lavorare sull’accettazione del proprio corpo e del suo peso naturale.
- Sviluppare un approccio più gentile e compassionevole verso se stessi.
Questi cambiamenti non avvengono automaticamente, ma sono il risultato di percorsi spesso lunghi e complessi, che possono essere multidisciplinari o autonomi. Tuttavia, richiedono risorse, privilegi, un ambiente favorevole e una condizione di benessere psicofisico sufficientemente stabile.